Anzitutto una riflessione. I Liguri contemporanei conoscono la storia e le origini del loro territorio? La risposta secca e lapidaria è “no“, fatte le debite eccezioni per gli addetti ai lavori e le associazioni ed enti che operano a vario titolo in Liguria ed altrove. Per assurdo in altre parti d’Italia il popolo del Cigno, così erano conosciuti i Liguri nella tradizione greca, sono benvoluti e ricordati con singolare riconoscenza. Se visitate il borgo di Circello, nell’interno della provincia di Benevento a ridosso del Molise, troverete vie dedicate ai Liguri ed un sito archeologico che li ricorda: laggiù nel 181 e 180 avanti Cristo i Romani deportarono, secondo il racconto dello storico Tito Livio, ben 47 mila persone appartenenti alla tribù dei Liguri Apuani, distribuendole attorno al municipio di Bebio nell’attuale valle dell’Alto Tammaro. Di quelle vicende lontane la comunità circellese mantiene vivo il ricordo attraverso la encomiabile attività di istituzioni, associazioni e scuole: scoprirete così, fra le tante curiosità, la presenza di un coro giovanile dedicato ai Liguri Bebiani, con l’inno melodioso e struggente che ricorda con drammatica attualità la deportazione.
Ha senso oggi parlare di “identità ligure” vista la frammentazione esistente fra Levante e Ponente ligure e più in generale in quell’ampio territorio a cavallo di Italia e Francia che anticamente, prima della dominazione romana, costituiva la Liguria antica? Personalmente ritengo di sì per quanto di identità si parli poco e malvolentieri. Su questo punto istituzioni locali, Province e Regione hanno responsabilità notevoli con buona pace delle associazioni culturali e delle scuole che qua e la in modo lodevole mantengono vive tradizioni e consuetudini diversamente condannate all’oblio. Se consideriamo poi che non esiste una cattedra universitaria in archeologia ligure, si può comprendere come alle soglie del terzo millennio questo popolo rappresenti per gli abitanti della Liguria moderna ancora una incognita.
Ma chi erano in definitiva i Liguri, considerati da Esiodo fra le popolazioni più antiche d’Occidente insieme ad Etiopi e Sciti?
In epoca storica i Liguri popolavano un vasto territorio dalla Provenza all’Appennino tosco – emiliano, con insediamenti anche nell’odierna Val Padana ed una divisione tribale che costituì sempre e comunque un elemento di grande debolezza. Dobbiamo pensare ad una organizzazione frammentata contraddistinta da una miriade di tribù legate fra loro da un comune “ethnos” e da una religiosità semplice e primitiva anzitutto verso le divinità delle vette. Nulla rimane della lingua parlata ma purtroppo non scritta, se non tanti, tantissimi toponimi disseminati oggi in quello che fu il territorio ligure.
Fra tutte le tribù, agli Apuani toccò la sorte peggiore con una deportazione di massa per terra e per mare fino alla lontana Campania, come è stato ricordato in precedenza. Chi si sottrasse alla cattura rimase sulle montagne, nei castellari di altura, con un secolare isolamento durato fino all’età moderna e la sorprendente sopravvivenza di tradizioni e costumi. In avvenire, con l’aiuto della genetica molecolare sarà possibile, crediamo, una mappatura cromosomica delle popolazioni liguri, proseguendo la ricerca avviata fin dagli anni ’70 da parte della Università di Pisa: una scommessa difficile ma affascinante al tempo stesso che potrebbe aggiungere ulteriori tasselli ad un mosaico ancora incompleto. Un modo per ricordare al grande pubblico l’antico popolo del Cigno a trent’anni dalla tragica scomparsa dello studioso ligure più illustre, Nino Lamboglia, che negli anni ’40 condusse fuori dall’oblio un pezzo importante di storia pre – romana.